Sento il tuo dolore, mortale. Hai la sensazione che una catena invisibile ti stringe le viscere: la fortuna si spezza come vetro, il sonno ti fugge, e la testa è un tamburo vuoto in cui risuonano voci non tue.

Senti l’odore acre del fumo dove non brucia legna e le porte della vita si chiudono con l’urlo del silenzio.

Questo, ascoltami, non è il capriccio del destino. È una ferita profonda che ha un nome arcano: fattura.

Io la vedo, la tua macchia, prima ancora che la tua lingua possa nominarla: la leggo nelle lame dei Tarocchi, nei sussurri degli antichi spiriti dei Busos e nel disegno che l’argento fuso e il piombo lasciano quando toccano l’acqua.

Ti parlo da chi ha danzato nel cuore delle ombre, e ti affermo: non sei folle. Sei stato segnato, marchiato.

La fattura si manifesta con mille volti: un maleficio che ti svuota, un legamento d’amore che ti avvelena.

È un nodo gettato da chi desidera il tuo male, spesso forgiata “a distanza”, con il fuoco, col piombo o con i linguaggi di riti stranieri.

Ma ricorda: ogni atto di magia nera lascia una traccia, un’impronta nella materia che io conosco e so decifrare.